lunedì 6 aprile 2009

Un lampo e un ricordo

Lunedì 6 aprile 2009, mattina, ore 7.35: accendo la televisione preparando un caffè a mio marito e la colazione a mio figlio, mentre io stessa mi preparo ad andare a lavoro. Sono un po' rintronata di sonno (odio i lunedì, senza molta fantasia... ma questo credo di avervelo già detto), colgo solo alcuni spezzoni dei discorsi, ma non mi ci vuole molto per capire. C'è stato un terremoto in Italia centrale, per la precisione nell'Abruzzi, ma le scosse si son sentite anche in Emilia Romagna, Lazio, Molise e Campania.
Vi premetto che io, nativa piemontese, abito sul mare in una di queste regioni ma, visto che il sisma è avvenuto nella notte alle 3.00 passate, non me ne sono (non ce ne siamo) accorta.

La cosa strana di quando senti di un terremoto o di un altra catastrofe naturale, anche alle porte di casa tua, è che non te ne rendi conto subito, almeno non io. La coscienza ti affiora lentamente e non è dovuta alla conta dei morti che sale di ora in ora (dai "6 forse 10" di stamattina siamo già oltre i 100 e il numero aumenterà ancora con molta probabilità) e forse neppure al martellare delle informazioni che, con sadismo, la televisione continua a fornirti ricordandoti che tra i morti ci sono bambini di pochi anni, che alcune mamme si sono sacrificate facendo scudo ai propri cuccioli col proprio corpo e morendo sul colpo pur di dargli una speranza di sopravvivere.

No, certo queste belle notizie mi rigano il volto di lacrime ora che scrivo ma che volete che sia, conosco troppo bene i meccanismi di questo lercio settore che è l'editoria per non sapere che sono notizie inserite ad arte nel palinsesto, per colpire l'immaginazione degli spettatori, provocare emozione, garantire partecipazione (non solo in termini di audience ma anche di sottocrizione delle decine di raccolte di fondi che già sono scattate, tutte debitamente sponsorizzate... ma chi se ne frega, se serviranno va bene anche così).

Il punto è più sottile, almeno per me. Sono passati 14 anni e mezzo ma sembra ieri, le immagini del Tanaro che esondava ad Asti, Fazzoli che in elicottero sorvolava la pianura e le prime pendici del Monferrato che una valanga di fango e detriti stava cancellando. E poco dopo arrivava in Alessandria, la mia città. Dove di morti ne abbiamo contati, in quella occasione, 17. Era il 5 novembre 1994 e allora scoprimmo che la nostra città, nata e crescita tra due fiumi (oltre al Tanaro anche la Bormida) non è perfettamente pianeggiante ma inclinata con un dislivello di qualche metro da una sponda all'altra. Dislivello provvidenziale perchè l'acqua (che saltò sopra i ponti del tanaro di 8-10 metri) si arrestò circa a metà città lasciando salva l'altra metà (in cui per inciso vivevo io).

Alessandria ora è rifiorita, ma chi ha vissuto quelle giornate, chi quella sera ha visto come me i vigili del fuoco di Milano mettere in acqua dei canotti a motore lì dove normalmente c'era (e dopo è tornata ad esserci) un viale, un parcheggio, case e palazzi, beh non se lo può più dimenticare. Se volete farvi un'idea di cosa fu potete dare un'occhiata qui, ad esempio: http://www.museodelfiume.it/museo_web/tanaro_2002/i/alluvione94_i.htm

Come non ci si può dimenticare la puzza di fango e nafta che riempie le narici per settimane, il buio di quelle notti in cui metà città era senza corrente, le rovine delle linee ferroviarie spazzate vie coi binari che restavano sospesi nel vuoto, senza più alcuna massicciata sotto di essi, le carcasse di auto, cassonetti e animali che rifluivano in Tanaro e nel Po. E le storie di quei 17 poveri cristi che persero la vita perchè trascinati via dalla corrente, o affogati in casa loro perchè portatori di handicap e impossibilitati a scappare via o a salire le scale e rifugiarsi ai piani alti. In questi momenti di SL non me ne frega nulla, se non come "radio" attraverso cui parlare e informarsi di come stanno amiche e conoscenti delle zone colpite o per rassicurare a mia volta del fatto che qui da noi tutto è tranquillo. Ma per una sera non mi parlate di sfilate, feste e cazzate varie, per una sera lasciatemi piangere i ricordi dei miei e il presente di questi poveri morti.

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